08/04/20

Chi ha paura del mago in mongolfiera?


Il ritorno in edizione anastatica di uno dei più celebri e controversi libri austriaci per bambini, pubblicato per la prima volta nel 1904, è stato accolto mesi fa da una polemica sugli stereotipi razziali che il libro suscita in realtà da diversi decenni, ma che le piattaforme social hanno ulteriormente inasprito. È bastato che un utente condividesse in rete la foto del volume in questione, in bella vista sullo scaffale di una libreria, per far scoppiare un acceso dibattito che ha coinvolto in prima persona il libraio responsabile. Eppure – come quest’ultimo ha spiegato – il libro non si trovava sullo scaffale per bambini, ma nel reparto di storia austriaca, trattandosi di un’edizione destinata a studiosi e collezionisti, con allegato un saggio che indaga le sue origini in rapporto al contesto dell’epoca.

Hatschi-Bratschi’s Luftballon (“La mongolfiera di Hatschi-Bratschi”), scritto da Franz Karl Ginzkey e illustrato nella sua prima versione da Erich M. v. Sunnegg, narra del piccolo Fritz, che un giorno, disobbedendo alla madre, si allontana da casa e viene rapito dal temibile Hatschi Bratschi, un mago turco che viaggia in mongolfiera a caccia di bambini, passando poi attraverso una serie di peripezie in giro per il mondo che si concludono col suo ritorno a casa. Prima di scomparire gradualmente dalla circolazione a partire dagli anni ’70, il libro è stato oggetto di numerose riedizioni, nelle quali si è provveduto di volta in volta a correggere i due luoghi testuali più controversi: da un lato l’esplicita caratterizzazione turca dell’orco dalla barba lunga e dal turbante, che è diventato più genericamente un mago proveniente dall’Est; dall’altro il riferimento a una tribù africana di selvaggi cannibali che Fritz incontra nel seguito dell’avventura, sostituita da un meno problematico branco di scimmie dispettose.


Le vicende editoriali del libro sono state però molto più accidentate. Un lettore autorevole come Hans Magnus Enzensberger, che ne scoprì il fascino a cinque anni e a distanza di svariati decenni confessò di ricordarne ancora i versi a memoria, le riassunse in modo caustico: «Mutilato da editori buoni a nulla, sfalsato da cattivi illustratori, castrato da guardiani della pedagogia e infine tolto di mezzo completamente, perché come ogni persona illuminata sa non esistono né streghe né maghi in Oriente e di certo non ci sono cannibali in Africa, e bisogna perciò stare molto attenti a che i bambini piccoli non si facciano idee sbagliate».

Come si può osservare, Enzensberger tocca il problema degli stereotipi razziali e del “politicamente corretto”, ma facendolo rientrare all’interno di un problema più ampio, ovvero quello della sopravvivenza di un immaginario fiabesco e fantastico privo di un esatto corrispettivo nel mondo reale. L’impressione, insomma, è che la questione degli stereotipi razziali costituisca solo la cima dell’iceberg, ovvero la componente più superficiale di un discorso ben più complesso: prova ne è il fatto che le opportune revisioni al testo, rese necessarie dal mutare della sensibilità culturale, non hanno contribuito a rilanciare la fortuna del libro, ma al contrario sono state il preludio al suo oblio.

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