31/10/24
Un anno sul treno
della Via Lattea
Sul banco del bambino-scorpione, in cima ai libri e ai quaderni da portare in ospedale, ho lasciato solo un volumetto molto più piccolo degli altri. Nell’aula vuota, mentre l’intervallo sta per finire, posso già vedere i suoi compagni sbirciare la montagna e il sole alto nel cielo sulla copertina color pesca, poi leggere incuriositi il titolo e il nome dell’autore su quell’oggetto non meglio identificato, così diverso dai tanti libri patinati e vistosi che circolano a scuola. Una notte sul treno della Via Lattea. Miyazawa Kenji.
«Io l’ho già visto, ma dove?» domanda qualcuno di lì a poche settimane, quando mostro il mio libro alla classe, e dalla voce di qualcun altro, nello stupore, arriva subito la risposta. Ora che il bambino-scorpione ci ha lasciato e ha iniziato il suo viaggio fra le stelle, pensare a quel piccolo dono mi fa sentire la forza di un legame invisibile che non potrà mai dissolversi, una specie di scia che all’orizzonte segnerà la rotta del nostro viaggio fantastico. Non è importante che il bambino-scorpione abbia letto la storia, né il primo capitolo o anche solo una frase. Mi basta immaginarlo con quell’oggetto non meglio identificato fra le mani, e in testa l’idea di un’imminente avventura, in sintonia col pensiero che ho scritto a matita in fondo alla dedica: «Non vedo l’ora di leggerla insieme in classe».
Sognavo da anni di portare a scuola questo libro, e ogni tanto mi chiedevo se prima o poi sarebbe arrivato il momento giusto per una lettura così particolare, straniante e visionaria. Ora che abbiamo cominciato le lezioni di scienze dedicate all’astronomia, è la voce del racconto a invitarci a guardare alla nostra galassia con gli occhi del mito e dell’osservazione scientifica. Nella scuola elementare di un villaggio lontano, gli alunni e il maestro stanno dialogando proprio su questo argomento. Giovanni non riesce a rispondere a una domanda, e anche il suo amico Campanella rimane in silenzio, per non farlo sfigurare. Ragioniamo sulla gentilezza di Campanella e sull’esitazione di Giovanni, che forse è stanco, confuso o pensieroso, mentre il maestro mostra alla classe una mappa delle stelle e un modellino tridimensionale della Via Lattea.
Anche noi abbiamo una mappa delle costellazioni e una piccola sfera di vetro luminosa che racchiude una galassia a forma di spirale. «Ma è vera?» chiede allibita la bambina-elefante, alla quale mi pento di rispondere con troppa foga e una punta di ironia: «Secondo te?». Non è meraviglioso il pensiero magico da cui nasce questa domanda? E non è la stessa meraviglia che Miyazawa Kenji descrive nel primo capitolo, col maestro che invita gli alunni a immaginarsi fra le stelle, evocando l’intima connessione fra il microcosmo della scuola e il macrocosmo dell’universo?
Lascio la mappa e la sfera sulla cattedra e sul banco vuoto, e nei momenti di pausa mi diverto a osservare gli alunni che si avvicinano soli o in piccoli gruppi. Il bambino-camaleonte trova sulla mappa la stella che ha il suo nome, e che ha imparato essere una delle più luminose del cielo. Il bambino-panda e il bambino-pinguino giocano a predirsi il futuro con la sfera del destino. Fra le costellazioni dello zodiaco, le dita dei bambini tracciano sulla carta sentieri invisibili. E quando mi assento un attimo, rientrando in classe vedo che la bambina-leone ha abbassato le tapparelle, e nel buio che lampeggia di luci colorate tanti bambini stanno animando una discoteca!
Faccio la voce grossa rimproverandoli per la confusione, ma in fondo mi piace questa atmosfera di gioco che va a braccetto con le nostre esplorazioni letterarie. Io per primo ho abbassato le tapparelle per iniziare nel giusto clima la lettura del libro, e da allora gli alunni sembrano essersi affezionati a questo rituale. Spegniamo le luci e chiudiamo la porta per stimolare e proteggere la magia che ci trasporta altrove. Nel villaggio sta calando la sera. Finite le lezioni del pomeriggio, mentre i bambini ritagliano lanterne per l’imminente Festa del Centauro, Giovanni deve fare alcune commissioni per la sua famiglia, perché la madre è ammalata e il padre lontano da casa.
La situazione familiare di Giovanni, l’amicizia con Campanella e le sue difficoltà con gli altri compagni di classe suscitano un dialogo molto vivace tra gli alunni. Il padre sarà davvero a pesca nei mari del nord, oppure è in prigione, come sembra suggerire il narratore? E come mai molti compagni lo prendono in giro? Durante la discussione invito gli alunni a trascrivere i propri commenti su alcuni bigliettini colorati, che raccolgo poi sul nostro diario di lettura, un prezioso strumento condiviso dalle due classi con cui possiamo tornare sui capitoli già letti, e che lascio a disposizione sulla cattedra per la consultazione libera.
Il bambino-cane ha sempre la mano alzata quando è il momento di fare il “riassunto delle puntate precedenti”, mentre durante l’intervallo lungo in classe, quando propongo attività artistiche facoltative, posso contare sull’entusiasmo contagioso della bambina-lince e sull’intensa curiosità della bambina-volpe, che a scuola non parla ma osserva ogni cosa con stupefacente attenzione. Coloriamo con carta velina bagnata la vetrina dell’orologiaio, che in uno dei passaggi più incantevoli attrae Giovanni fra le luci della sera, e più avanti, quando saremo a bordo del nostro treno galattico, dipingeremo con tempere e sabbia alcuni paesaggi sulle rive del fiume celeste. Nel frattempo, il capitolo ambientato in una tipografia mi incoraggia ad allestire sulla cattedra un piccolo laboratorio di Gutenberg con timbri e inchiostro, un’esperienza che approfondiremo con lo studio dell’invenzione della stampa a caratteri mobili. Il nostro viaggio letterario è in effetti anche un viaggio attraverso la storia della tecnologia, fra orologi meccanici, locomotive a vapore e file di elettrodotti che vedremo sfrecciare fra i boschi e le praterie galattiche.
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