13/11/24

I nuovi alberi dei giardini (racconto)


Ho letto questo racconto a una classe prima, durante la nostra prima uscita ai Giardini di Porta Venezia. L’ispirazione è nata pochi giorni fa, quando passeggiando nei giardini ho visto una fila di alberelli stesi a terra, in attesa di essere piantati. Sono i primi alberi donati da MSC Foundation per il progetto “Milano per gli Alberi”, annunciato lo scorso luglio, a un anno di distanza dalla violenta tempesta che ha abbattuto e danneggiato numerosi alberi.

«Perché hanno tutti intorno un nastro rosso?» ha chiesto un alunno.
«Così si possono riconoscere. Un po’ come i vostri cartellini.»

I nuovi alberi dei giardini


Dei tronchi erano stesi in fila sull’erba, nel bel mezzo dei giardini. Avevano foglie arancioni di una strana forma allungata, e i loro corpi sottili, allineati come tante “I” sul quaderno di uno scolaro, facevano venire in mente i binari di una ferrovia.

«Un nuovo trenino?» pensò uno scoiattolo un po’ preoccupato, perché quei tronchi si trovavano proprio sotto la sua tana. Così scese dall’albero per capire meglio.

Per fortuna il sole era appena sorto e i giardini erano ancora chiusi. Dormivano quasi tutti gli alberi e gli animali. In queste prime ore della mattina lo scoiattolo amava girovagare qua e là in libertà, annusando tutto ciò che trovava.

Visti dal basso, sull’erba, quei tronchi gli apparvero ancora più strani. I loro rami erano completamente spogli, e le macchie arancioni che aveva scambiato per foglie erano dei lunghi nastri che li tenevano legati. Ma la cosa più impressionante erano i grossi sacchi rotondi che avvolgevano le loro radici.

«Questi alberelli sono vivi!» pensò lo scoiattolo. «Ma cosa ci fanno qui per terra?»

Si avvicinò ancora un po’, fino a sfiorare le loro cortecce. Poteva sentirli russare, e in fondo alla fila, tendendo le orecchie, udì anche alcune vocine lamentose.

«E tu chi saresti?» disse un alberello, vedendo il suo muso così vicino.
«Io sono uno scoiattolo! Piacere!»
«Uno che…? Dai, sco-coso, lasciaci in pace!»
«Siete nuovi, eh? Non abbiate paura!»
«Ma che paura! Io voglio solo andarmene via. Sciò!»

In quel momento lo scoiattolo si accorse che l’ultimo alberello della fila stava singhiozzando.
«Che succede?»
«Voglio tornare nella mia campagna…»
«E perché mai? Si sta bene qui.»
«Mi manca l’azzurro del cielo. E il verde dell’erba.»
«Anche qui ci sono l’azzurro del cielo e il verde dell’erba. Non vedi?»

«Certo, la grande città… Dite tutti così! I giardini più antichi, i più belli! Dovevi sentirli i miei genitori, com’erano orgogliosi che viaggiassi lontano… Che festa mi hanno fatto! Poi degli uomini mi hanno messo su un furgone insieme ad altri alberi che non avevo mai visto. Sono stato tutto il tempo in allerta. “Siamo sicuri che si vada di qui? Ma cosa sono queste strade grigie?” Ho chiuso gli occhi e ho provato a dormire, e quando li ho riaperti ho visto nebbia dappertutto.»

«I primi tempi la notte fa un po’ paura» ammise lo scoiattolo. «Poi ci si abitua, vedrai.»
«E queste macchine che non si fermano mai? Io qui non riesco a respirare.»
«Poverini, non vi hanno detto niente?» risuonò all’improvviso una voce profonda. A parlare era il vecchio cedro, un albero molto saggio che coi suoi lunghi rami faceva ombra agli alberelli distesi. «Dovete avere ancora un po’ di pazienza.»

«Perché, cosa succederà?»
«Davvero non ve l’hanno detto?»
«Detto cosa?»
«Beh, non mi stupisce, ormai quasi nessuno parla più con gli alberi. Comunque, presto verrete trapiantati, e allora comincerà una nuova vita! Tu, piccolino, non piangere, vedrai che meraviglia! Non appena ritroverai la terra, sarai di nuovo sole e ombra, erba e cielo, acqua e vento, canto e respiro… Gli uccellini verranno a riposarsi sui tuoi rami. E crescerai sempre più bello e robusto!»

Lo scoiattolo annuiva, ma all’alberello non sembrava vero che il vecchio cedro stesse parlando proprio di lui. Si sentiva debole e brutto, col suo tronco sottile che tremava di paura, i rami senza foglie legati da quegli orribili nastri e le radici intrappolate in quel sacco che sembrava un pannolino. Che vergogna!

Le lacrime dell’alberello non si erano ancora asciugate, quando arrivarono degli uomini a sollevarlo di peso. Ma come, era già l’ora di apertura dei giardini? E possibile che toccasse subito a lui, che era l’ultimo della fila?

«Il primo dei nuovi alberi, che onore! Coraggio, buona fortuna!» disse il vecchio cedro, mentre lo scoiattolo gli diede un bacio sulla corteccia.

«Perché non vieni con me?» sussurrò l’alberello, che provava un po’ di dolore. «Resta aggrappato, così mi sentirò meno solo.»

Lo scoiattolo stava per saltare giù sull’erba, ma decise di accettare l’invito. Si appiattì contro il tronco, facendosi piccolo piccolo per non farsi vedere dagli uomini, col cuore che gli batteva forte, felice di aver trovato un amico.

E anche l’alberello sentiva il suo cuore battere forte, all’impazzata, mentre veniva trasportato chissà dove. Udì le voci dei suoi compagni ancora distesi che lo applaudivano e lo incitavano a esprimere un desiderio. Dove sarebbe cresciuto? Forse dietro al Planetario? O davanti al Museo di Storia Naturale? Oppure sulla riva del laghetto? Era talmente emozionato che non riusciva a decidersi, e qualsiasi luogo gli sembrava troppo bello per lui.

A un certo punto sentì la sua cima spingere in su, e in basso, proprio dove le sue radici erano pronte ad allungarsi, gli apparve una buca accogliente. Quando le radici ritrovarono la terra, i rami tornarono a tendersi verso il cielo, e una meravigliosa sensazione di vita lo riempì di gioia. Le mani degli uomini, che prima erano state un po’ brusche nel portarlo via di peso, lo aiutavano ora con grande premura a trovare la giusta posizione, liberarono i rami dai nastri e alla fine lo accarezzarono.

«BENVENUTO!» tuonò una voce che veniva dal fondo dei giardini. L’alberello non poteva credere alle sue orecchie: quella era la voce del grande platano, l’albero più antico dei giardini, il re degli alberi! E le voci di mille alberi, subito dopo, si unirono in un magnifico coro di auguri.

Per l’imbarazzo l’alberello arrossì fino alla punta dei ramoscelli. Ma non si sentiva più triste, e aveva smesso di tremare. Si guardò attorno. Non aveva fatto tanta strada, perché poteva ancora vedere i suoi compagni stesi sull’erba, in attesa del loro momento. E accanto a lui, alzando lo sguardo, fu felice di riconoscere il volto sorridente del grande cedro, che lo stava osservando.

Solo allora l’alberello vide che il vecchio cedro aveva la cima tagliata. E solo allora si accorse che era molto anziano e malato.
«Che ti è successo?»
«La tempesta dell’anno scorso mi ha picchiato un po’» borbottò il cedro.
«La tempesta?»

«Sì, una notte di luglio, una tempesta mai vista. Hanno chiuso i giardini per un mese. Noi alberi eravamo arrabbiati con gli uomini, perché non erano riusciti a salvarci. Pensavamo ci avessero abbandonati. Ma quando fuori dai cancelli vedevamo i loro sguardi tristi, sentivamo nostalgia. Ora molti alberi non ci sono più, per questo gli uomini hanno pensato di portarne di nuovi. Così i giardini torneranno al loro antico splendore, anzi, saranno più belli che mai!»

In quel momento l’alberello ricordò le parole di mamma e papà, e si sentì orgoglioso. Questo era il primo giorno della sua nuova vita, e in così poco tempo si era già fatto due buoni amici.

Lo scoiattolo saltellava allegramente. Spiccò un balzo verso il cedro e andò a svegliare la sua famiglia.
«È lì sopra la sua tana?» chiese l’alberello.
«Sì, per fortuna la tempesta non l’ha colpita» disse il cedro. «Ma io sono vecchio, ho ancora poco da vivere. Quando sarai abbastanza grande, chiedi al tuo amico se vuole fare la sua casa dentro di te, così sarete sempre vicini.»
«E tu?»
«Ci sarò anch’io, anche se non potrai vedermi. Sarò sempre l’abbraccio della terra, il calore del sole, il riposo dell’ombra, la frescura dell’erba, lo sguardo del cielo, le lacrime dell’acqua, il soffio del vento, il canto degli uccellini, il respiro delle foglie… Guarda, hai visto che bello?»

In quel momento l’alberello si accorse che davanti a sé, ai lati di un largo viale, c’erano castelli, carri, bancarelle, tende e altre costruzioni. Si stavano accendendo luci di tanti colori, e c’era anche la neve! Era il Villaggio di Natale, che di lì a pochi giorni avrebbe accolto nel cuore dei giardini centinaia di bambini. Alcuni stavano già correndo verso di lui con le mani piene di sfere rosse, stelle e altre decorazioni d’oro e d’argento. Dietro di loro venivano anche gli stessi uomini che poco prima l’avevano trasportato, e che ora presero i bambini e li sollevarono fino ai suoi rami più alti.

«Questi doni sono per me?» disse l’alberello commosso.
«Sì, sono i più belli che abbiamo» risposero i bambini.
L’alberello non aveva mai visto nulla di simile. Gli occhi dei bambini brillavano di gioia, e ricambiando il loro sguardo si sentì grande, splendente.
«Ma io non ho niente per voi.»
«Scherzi? Hai fatto un lungo viaggio e sei venuto fino a qui per rendere più bella la nostra città. Questo è il regalo migliore che potevi farci. E sai una cosa? Vogliamo che la tua storia diventi un racconto, così altri bambini potranno conoscerla.»

«Siete molto gentili, ma chi vorrà mai ascoltare la storia di un semplice alberello?»
«Non sarà la storia di un alberello qualunque, ma la storia dei nuovi alberi dei giardini!» esclamò il vecchio cedro. «Questa storia è già nella voce degli alberi, e presto qualcuno la trascriverà nella lingua degli uomini. Ci saranno tanti bambini ad ascoltarla, vedrai. Verranno in gita ad ammirare i colori dell’autunno, e il loro maestro gliela racconterà».
«Davvero?»
«Sì. Comincerà con queste parole: “Dei tronchi erano stesi in fila sull’erba, nel bel mezzo dei giardini”.»

«Dei tronchi?» ridacchiò l’alberello. Il vecchio cedro annuì compiaciuto. E lo scoiattolo, dall’alto della sua tana, fischiettò con aria da furbetto, mentre continuava a guardare quella fila di alberelli sonnecchianti, che a poco a poco diventavano i nuovi alberi dei giardini.

(foto tratta da Facebook)