Devo ammettere che fino a poco tempo fa il nome di Tana Hoban non mi diceva nulla, eppure sfogliando i suoi libri per la prima volta ho provato una netta sensazione di
déjà vu, quasi fossi incappato in una serie di figure riemerse intatte dai miei primissimi anni di vita. Possibile che le avessi già incontrate, finendo per scordarle? La scarsa considerazione di cui ha goduto finora la sua opera in Italia mi induce a dubitarne. Tana Hoban (1917-2006) è stata un’artista e fotografa statunitense, nota soprattutto nel suo Paese natale e in Francia (dove si trasferì nel 1983) per la sua produzione di volumi per bambini di età prescolare, che dagli anni ’70 hanno fatto la storia del genere. Fino a pochi mesi fa tutti i suoi libri risultavano inediti in Italia, ma nonostante ciò, trattandosi di opere seminali, la loro influenza estetica si può indovinare in una grande varietà di titoli, dalle prime letture per neonati agli abbecedari illustrati, ed è in particolare evidente nel campo degli albi fotografici senza parole, ascrivibili alla più ampia famiglia dei “libri muti”, più comunemente detti
silent books.