Due archetipi femminili dominano la rappresentazione dell’eros nella letteratura di Tanizaki Jun’ichirō (1886-1965): da un lato la donna crudele che sottomette gli uomini riducendoli a fantocci; dall’altro la figura dolce e materna, simbolo di un’unione totalizzante col proprio bambino. In generale, è possibile osservare come questi due archetipi riflettano nell’opera dell’autore la contrapposizione classica tra l’amore profano e l’amore sacro, oltre che quella tra Occidente e Oriente, alla quale se ne accompagna una ulteriore tra modernità e tradizione: se le donne crudeli richiamano infatti il modello della femme fatale occidentale, figura emblematica dell’emancipazione femminile evocata nei volti delle dive del cinema, la sfera del materno trova la propria origine nel ricordo autobiografico dell’infanzia, e in particolare nella contemplazione della bellezza della madre.